Giorgia on my mind – di Matteo Forte

Ho sempre avuto idea che niente poteva essere più interessante di Super Mario Bros. Le ragazzine mi interessavano, certo, ma era troppo stressante il corollario: fare il simpatico, fingere di essere interessante, chiederle di bere un succo di frutto al bar il sabato dopo la scuola e così via. No, superare tutti i mondi possibili, il più in fretta possibile, con il mio Mario su Super Nintendo, era lo scopo della mia vita. Dopo qualche tempo e qualche guaio familiare in un bar un pomeriggio incontro Giorgia. Era al bar, beveva un cappuccino e leggeva un libro. Era il paradiso terrestre, ammesso che il paradiso terrestre potesse competere per bellezza, eleganza, stile, portamento e classe con lei. Per me, sedicenne senza peli superflui, Giorgia era perfetta, perfetta con il suo cappuccino e il suo libro. Tengo a precisare che Giorgia è un nome di fantasia. Da sempre, anche oggi, quando incrocio una persona per più di un minuto pur non conoscendola tendo a battezzarla. Giorgia non l’ho mai conosciuta. Giorgia ha fugato i dubbi sulla mia eterosessualità. Giorgia mi ha cambiato la vita. Giorgia stava leggendo On the Road di Jack  Kerouac. Giorgia dopo poco andò via lasciandomi lì con un succo di frutta a mela verde e un tovagliolo di carta con scritto il titolo del libro.

Due giorni dopo, avendo fatto un minimo di cassa, entrai per la prima volta senza forzature in una libreria. Scoprendo che non era diverso l’impatto dai negozi di videogame, era solo tutto più silenzioso. Tanti colori, tante copertine diverse. Non riuscivo a trovare quello che cercavo e mi vergognavo di chiedere al commesso perché non sapevo bene come si pronunciasse Kerouac. Continuai a cercare ma niente. A quel punto, dopo due ore di ricerca, presi il coraggio sotto braccio e chiesi: «Buonasera cerco Onderod di Giec Cherouac».
Andò a prenderlo, costava novemila lire e io ne avevo tredici in tasca. Con il resto andai a prendere un cappuccino. Seduto iniziai a leggere. Non capivo molto ma mi piaceva. Più non capivo più rileggevo. Come in Super Mario, quando non superavi il livello dovevi iniziare daccapo. Ecco, ripensandoci le passioni si sviluppano sempre allo stesso modo. Ricominciare non crea fatica. Quelli che sanno, usano parole importanti: studiare un libro, studiare un autore. Per me è sempre stato,  lo è ancora, finire il livello. Senza finirlo non si può andare avanti.

Oggi, a casa, la mia libreria, come quella del mio amico Gianluca, è piena di libri ma la metà sono in giro per l’Italia, prestati a amici, a amiche, a amici di amiche. Mi piange il cuore perché la voglia di leggere cose nuove mi spinge a non ricomprare libri che ho letto. Ecco, spesso penso che potrei essere io il protagonista di un video game mentre giro l’Italia in cerca dei libri prestati e mai restituiti e poi la sfida finale contro Gianluca per decidere chi dei due è il proprietario di Viaggio al termine della notte.

3 Comments

  1. sik ha detto:

    Bello e bravo.

  2. Zio Scriba ha detto:

    Il problema di superare troppi livelli è che poi fai una fatica bestia a scovare libri che non ti deludano dopo la prima mezza pagina…
    Io libri non ne presterei neppure sotto minaccia armata: da ragazzino m’incularono già troppi dischi e cassette, e quelli passi, ma un libro è qualcosa di troppo personale e prezioso. E poi quelli brutti è meglio non diffonderli, mentre i pochi che davvero mi piacciono preferisco ricomprarli e regalarli, invece di originare micragnosi e sterili vortici di prestito… (quest’ultima esortazione vale in modo particolare per Quattro soli a motore… ;-))
    Bella però l’idea del video game in cerca dei pezzi non restituiti. Io odio i giochi violenti e splatter, ma questo DOVREBBE esserlo, e senza pietà per nessuno… 🙂

  3. Alessandro ha detto:

    Bello. E sono completamente d’accordo con Zio Scriba.