di Gianluca Liguori
I grandi autori raccontano storie serissime e ti donano il sorriso al momento giusto. Non sono un amante della letteratura d’intrattenimento, ma mi è capitato di leggere alcune belle commedie. Con lo scrivere “divertente” si corre il rischio del banale e dell’eccesso. In questo Le 13 cose di Alessandro Turati, lombardo classe ’83, ho riscontrato la ricerca del sensazionale ad ogni costo, la forzatura, il ricorso all’assurdo, al grottesco o al trash. L’intento, chiaro ma non so quanto riuscito, era quello di scrivere un libro divertente, dissacrante e magari eccessivo.
La trama è un pretesto. Il protagonista, Alessio Valentino, 29 anni, vive fuori dal mondo, in un ambiente degradato; ha perduto per un cancro il grande amore, Emilie, e tira avanti tracannando lattine di birra. Di Emilie rimane un foglietto su cui sono appuntate delle cose. Poi c’è Burano, un vecchio barbone che fa sesso a casa di Alessio (ignaro di come l’abbia trovato lì al risveglio da una sbronza) e avrà l’infelice idea di morire sul suo divano. C’è Aida, la bambina che abita di fronte. E ci sono i due cani, Agon e Tanaquilla, i due personaggi che ho apprezzato di più.
Il finale è a sorpresa. Turati ha una scrittura fluente che padroneggia agilmente, nonostante la voglia di stupire ad ogni costo prevalga sul testo. Inoltre, come si vede da citazioni e rimandi, è un gran lettore (qualità indispensabile per chi vuole seguire la famigerata carriera di scrittore).
Le 13 cose non mi ha divertito, ma potrebbe interessare chi cerca letture di svago.