L’Abruzzo stampa le “Poesie antirughe” «I miei versi pop»di Barbara Di Gregorio

Un utero che ticchetta come una bomba ad orologeria, una vagina che insiste per essere chiamata Chantal, l’estetista Melina che scava in faccia punti neri e ricordi e un parrucchiere saggio che si rifiuta di tagliare i capelli: la vita è un inferno buffo, e l’amore, quello vero, una nonna che gracida e salta per la nipotina malata. che non può giocare alla rana. Se credete in una poesia fatta solo di sofferenza e tormento questo libro non fa decisamente per voi.

Facili da leggere, simili all’acqua; “versi scalzi”, come le definisce l’autrice in uno dei deliziosi haiku delle ultime pagine, le “Poesie antirughe” di Alessandra Racca, ultimo gioiello editoriale della Neo edizioni di Castel di Sangro, danno per scontato il male di vivere e si concentrano piuttosto a cercarne la medicina. Ne trovano una, l’unica forse possibile, in un quotidiano coloratissimo e pop che appartiene a chiunque sappia lasciarsi andare un istante. Le poesie di questa raccolta mettono in scena una prospettiva che ha del paradossale: masticando del chewing gum, gonfiando sui tetti e il dolore un pallone rosa più grande delle nostre paure, guarda al quotidiano dall’alto e ne coglie allo stesso tempo i più infinitesimali dettagli: perché appunto nei dettagli, miracoli minimi che affollano ogni aspetto delle nostre esistenze, si annida la consolazione dell’essere vivi e quindi il coraggio di fare di ogni cosa un sorriso. E se credete sia un controsenso, un libro antirughe che costringe la faccia a strizzarsi e contrarsi, ebbene vi state sbagliando di grosso: perché le rughe cui si propone come rimedio sono in realtà i solchi, inevitabili, lasciati dalla vita che percorre avanti e indietro le nostre facce coi tacchi.

La leggerezza è una sua fondamentale cifra stilistica. È il suo naturale approccio alla vita o, piuttosto, il frutto di un percorso artistico e personale che, dòpo aver scavato tutto quanto possibile, ha preferito agli abissi dell’anima le verità della superficie?

«Confesso che non sono affatto leggera: sono stata una bambina serissima, e conservo ancora tracce di una pesantezza d’animo con cui combatto ogni giorno. La combatto perché penso che le cose importanti della vita siano già sufficientemente serie per essere anche seriose. La poesia spesso si occupa di temi carichi di peso, per questo tendo a alleggerire il modo di trattarli. Pensi ad esempio a quando, subito dopo un lutto, Ci si ritrova a condividere una risata con qualcuno. La potenza, e la bellezza della vita stanno tutte nei suoi paradossi: è il senso che cerco anche nelle piccolezze quotidiane, quelle di cui spesso scrivo in poesia».

Lei si occupa anche di teatro: combina le due cose nella forma del reading (quello tratto dal suo libro precedente, “Nostra signora dei calzini”, metteva in scena uno spogliarello) ma anche in “poetry slam”,veri e propri contest in cui i poeti si sfidano a colpi di versi. La poesia per farsi sentire ha bisogno di alzare la voce?

«La poesia è un bisogno, che è anche bisogno di essere riconosciuti e dunque di parlare “ad alta voce”. Quando ho scoperto reading e slam ho capito che facevano per me. Offrono una possibilità di scambio che mi hafatta crescere, aiutandomi a capire molte cose importanti rispetto al linguaggio che ho scelto, e in più mi permettono di parlare anche con il corpo. La poesia d’altra parte ha sempre avuto una dimensione orale. Se oggi la cosa stupisce, è perché purtroppo è relegata in uh limbo fatto di libri e circoli nei quali rischia di essere muta. lo credo che la dimensione orale sia connaturata ·alla parola poetica: porto in giro i miei versi “alzando la. voce” perché trovo nella poesia uno strumento potentissimo, un canale di comunicazione che merita una dimensione più “popolare” e condivisa».

Lei ha una facilità di scrittura, almeno apparente, che cede spesso alla tentazione narrativa regalandoci alcuni dei suoi risultati migliori. Penso, ad esempio, a ”Mia nonna una volta ha fatto la rana” e “Principesso del pisello”. È attratta dall’idea di scrivere racconti o romanzi?

«Ho scritto racconti in passato e attualmente lavoro anche come sceneggiatrice. Ho sperimentato linguaggi diversi, anche se, devo dire la verità, il linguaggio poetico è quello con il quale mi sento più a mio agio, che mi viene più naturale. La narrativa mi impone uno “sforzo” di attenzione prolungato che per una come me, impaziente e ansiosa, è difficile».

Lei è nata e vive da sempre di Torino, città molto vivace dal punto di vista editoriale e in cui certo non le saranno mancati i contatti. Come è avvenuto il suo incontro con la Neo edizioni, e perché ha scelto di pubblicare con loro?

«L’incontro è avvenuto grazie a uno dei loro libri, quello di Roberto D’Egidio, poeta che apprezzo moltissimo, che ha partecipato a “Poeti in Lizza” nella scorsa edizione. Ho letto le poesie di Roberto e ho pensato che se avevano scelto lui forse poteva piacere loro anche il mio modo di scrivere. Ho avuto ragione e sono molto felice di questo incontro: raro è trovare persone sensibili, dotate di senso dell’umorismo e con il giusto coraggio e la giusta follia per fare gli editori veramente, con libri coraggiosi e interessanti».

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